Erano molti anni che non fotografavo in analogico e le classiche biottiche a pozzetto sono sempre state in cima alla lista dei miei desideri. Il poter fotografare guardando l'immagine sullo schermo smerigliato è un'esperienza che tutti i fotografi dovrebbero provare. Le Rolleiflex, della Franke & Heidecke, costituiscono nell'immaginario generale le macchine per eccellenza di questo tipo. Molti tra i più grandi fotografi del '900 hanno utilizzato questi veri e propri gioielli, dal punto di vista meccanico ma anche ottico, grazie alle lenti della Zeiss (il mitico 80 mm Planar f2.8 soprattutto) e della Schneider-Kreuznach (lo Xenar 75mm f3.5). Oggi queste macchine hanno raggiunto delle quotazioni elevate ma, accanto alla Rolleiflex, la Franke & Heidecke ha prodotto anche un modello "minore": la Rolleicord. Di minore in realtà c'è ben poco: hanno una meccanica forse un po' più semplice ma proprio per questo le Rolleicord sono strumenti più leggeri e pratici, molto robusti e otticamente superlativi. Basta vedere su internet i dibattiti tra le varie rese di queste lenti, l'opinione più comune è che sulla carta i planar Zeiss siano migliori ma, all'atto pratico di fronte alle stampe, questa differenza sia intangibile e riferibile solo ai diversi caratteri di ciascuna ottica. Sono riuscito a trovare una Rolleicord Vb del 1963 in ottime condizioni e ho voluto provarla durante una mia escursione. Come primo film ho scelto un Ilford HP5 Plus (400 iso) in bianco e nero. Mi sono reso subito conto che 400 iso, durante una giornata sulla neve (seppur nuvolosa), poteva non essere la scelta migliore visto che i tempi di scatto massimi sulla Rolleicord arrivano a 1/500 di secondo. Grazie a diaframmi piuttosto chiusi e all'estrema tenuta sulle luci della pellicola sono riuscito a fare qualche scatto senza troppi pensieri. Una volta ottenuti i negativi dal laboratorio li ho scansionati e il risultato è una serie di immagini con grande dettaglio e una resa unica, difficilmente raggiungibile con una macchina digitale.
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